IL GUSTO DELLA STORIA: La Riverenza
a opera di: Cecilia Avanzini – Guida Turistica Abilitata
Quando la danza entra a far parte della vita sociale delle Corti del XV secolo si trasforma da puro divertimento a sofisticato codice di comportamento.
Nelle coreografie svolge un ruolo particolare la riverenza, con il duplice aspetto di passo di danza e atto di temporanea sottomissione che si conclude, rialzandosi, con un ritorno alla parità fra le parti.
La reverentia comporta diversi gradi di esecuzione a seconda di chi la fa e di chi la riceve.
Tre le tipologie: “de beretta, o de testa, o de genochio” e nel caso ultimo, se sia opportuno piegarlo sino a terra o tenerlo sollevato in un gesto meno reverente.
Il 19 giugno 1465, Barbara Gonzaga scrive al figlio Federico le istruzioni per il delicato incontro tra Gonzaga e Sforza che mandavano sposa a Napoli, la loro rampolla Ippolita.
Due anni prima erano sorti dissapori fra Mantova e Milano a causa delle mancate nozze fra Dorotea e Galeazzo, fratello di Ippolita. Il Signore di Milano con un pretesto aveva ricusato i precedenti accordi, per cercare un più prestigioso legame matrimoniale.
Nel Corteo, che transitava per Parma e dove anche i Gonzaga, Dorotea compresa, si sarebbero recati a salutare la sposa, la presenza di Galeazzo produceva una imbarazzante occasione d’incontro fra i due ex fidanzati.
Dispone Barbara: “come li vedrete smonterete da cavallo e vi farete loro incontro per toccargli le mani e farete riverenza e metterete il ginocchio a terra. Se Galeazzo si muove (per primo) a toccare la mano a Dorotea anche lei gliela deve toccare e fara’ un inchino passando il mezzo (un inchino profondo) ma se lui non si muove, lei non si deve muovere. Barbara significa così che i Gonzaga sono ancora offesi per il comportamento degli Sforza.”
Una semplice riverenza sintetizza platealmente i rapporti sociali e politici fra le due famiglie.
Cecilia Avanzini – Cel 348 0738788 – Email avanzini.ceci@gmail.com